Una riflessione sull’intervista di Selvaggia Lucarelli al dottor De Donno, che la chiama “carina”

Il dottor De Donno è salito agli onori della cronaca per via delle sue sperimentazioni con il plasma iperimmune allo scopo di mandare avanti gli studi per trovare un vaccino per il coronavirus. Dopo una serie di tentativi, Selvaggia Lucarelli è riuscita ad ottenere un’intervista con il medico che è stato ospitato in diretta sulla pagine Facebook di Matteo Salvini e che, ultimamente, è sparito dai radar dei social. Durante l’intervista puntuale organizzata da Selvaggia Lucarelli si nota come, a un certo punto, l’uomo la chiami “carina”, come fa notare Giornalettismo.



Il “carina” di De Donno alla Lucarelli: una riflessione

Riportiamo integralmente il pezzo dell’intervista che scaturisce la riflessione:

Non ha iniziato Pavia prima di voi?
No, carina, vede com’è brava lei, non conosce la tempistica degli arruolamenti.



Perché mi chiama “carina”? Non abbiamo questa confidenza.
È un modo affettuoso. Lei riporta le discussioni con miei infermieri? Allora le dico che l’altro giorno mi ha chiamato un suo collega del Fatto e mi ha detto delle cose terribili su di lei, mi sono vergognato per lui.

Il dottor De Donno ha scelto, in un contesto formale come il rilascio di un’intervista, di appellarsi a Selvaggia Lucarelli con “carina”. E lo ha fatto nel momento in cui le domande si sono fatte scomode. Selvaggia Lucarelli ha il compito di fare domande di questo tipo, di chiedere conto della cura in questione e dei criteri per scegliere i pazienti. Cosa autorizza De Donno, dal momento in cui pensa che la Lucarelli lo stia provocando, ad assumere un tale atteggiamento paternalista? E ancora, lo avrebbe fatto se la Lucarelli fosse stata un uomo?



La cultura maschilista passa anche da questo

Il maschilismo di cui la cultura italiana è pregna passa anche da questo. Perché il solo modo di fermare una giornalista donna deve essere quello di far discriminarla per il suo genere? A un uomo De Donno si sarebbe mai rivolto con l’appellativo “carino”? E, ancora, si sarebbe mai permesso di “buttarla in caciara”, facendo riferimento a non si sa quali colleghi del Fatto che avrebbero parlato male della Lucarelli chiamandolo apposta per farlo? In quale mondo chiamare “carina” una persona che sta facendo il proprio lavoro è affetto? “Lei riporta le discussioni con miei infermieri? Allora le dico che l’altro giorno mi ha chiamato un suo collega del Fatto e mi ha detto delle cose terribili su di lei, mi sono vergognato per lui”, dice De Donno, ma cosa ha a che fare questo con la domanda che Selvaggia Lucarelli gli ha rivolto facendo semplicemente quello che è il suo mestiere? Un atteggiamento paternalistico di superiorità quando conviene di cui non abbiamo assolutamente bisogno per portare la società dove è giusto che vada, ovvero in un luogo e in un tempo in cui una giornalista non verrà mai e poi mai appellata come “carina” nel corso di un’intervista.

 

 

(Immagine copertina dal profilo Facebook di Selvaggia Lucarelli)