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La storia di Artemisia Gentileschi, prima donna italiana a cimentarsi con la pittura sacra | WEGIRLS
di Ilaria Roncone
Pubblicato il 2020-07-08
Artemisa Gentileschi è il personaggio che il doodle di Google celebra oggi, 8 luglio 2020, perché nata a Roma esattamente 427 anni fa, l’8 luglio del 1593. Chi era Artemisia Gentileschi? Una delle pittrici italiane più celebri che va ricordata perché, tra le donne, è stata la prima a occuparsi di pittura cosiddetta “alta”, raffigurando soggetti … Continua la lettura di La storia di Artemisia Gentileschi, prima donna italiana a cimentarsi con la pittura sacra | WEGIRLS
Artemisa Gentileschi è il personaggio che il doodle di Google celebra oggi, 8 luglio 2020, perché nata a Roma esattamente 427 anni fa, l’8 luglio del 1593. Chi era Artemisia Gentileschi? Una delle pittrici italiane più celebri che va ricordata perché, tra le donne, è stata la prima a occuparsi di pittura cosiddetta “alta”, raffigurando soggetti a cui le donne non si approcciavano mai. Ripercorriamo la vita e la ragione per la quale Google ha scelto di celebrarla nell’anniversario della sua nascita.
Lo stile caravaggesco di Artemisia Gentileschi
Lo stile di pittura di Artemisia Gentileschi era, senza dubbio alcuno, inedito per una donna dell’epoca. La sua pittura caravaggesca prendeva come soggetti generi ontani dalla pittura delle altre donne – perlopiù nature morte, paesaggi e ritratti – preferendo invece soggetti storici e sacri. Figlia d’arte, il padre era pittore e istruì la giovane donna affinché avesse uno stile simile a quello di Caravaggio, con personaggi non idealizzati ma realistici. Uno dei suoi quadri più famosi, Giuditta che decapita Oloferne, è oggi conservato nel Museo nazionale di Capodimonte a Napoli. Ne esiste una seconda versione più grande che si trova nella Galleria degli Uffizi di Firenze.
Lo stupro della pittrice
Dietro Giuditta che decapita Oloferne c’è una storia legata alla vita personale della pittrice. Era il 1611 quando la donna fu stuprata dal suo maestri di prospettiva, Agostino Tassi. L’uomo le promise un matrimonio riparatore che però non avvenne, così Artemisia lo denunciò. All’epoca un fatto del genere era raro e la pittrice accettò di provare che – prima dello stupro – era vergine. Sottoposta a una serie di interrogatori da parte dell’autorità giudiziaria, alla fine Tassi venne condannato a cinque anni di reclusione nel 1612 per lo stupro commesso. Dopo la condanna dell’uomo Artemisia visse a Firenze, Roma, Venezia, in Inghilterra e morì nel 1953, venendo sepolta nella Chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini di Napoli.